“Justina! A Ottobre siamo a Londra… c’è questo nuovo approccio… altro che i corsi che abbiamo fatto fino ad ora… è la risposta che cercavamo!”.
A questa telefonata del Settembre del 2000, del mio collega e caro amico Angelo Recchia-Luciani, la mia risposta fu semplicemente “Ok!”, senza alcuna esitazione né cognizione di base.
Così partimmo alla scoperta di un nuovo approccio al mondo intrapsichico, alla comunicazione e alla comprensione del linguaggio.
Eravamo tra i primi dodici privilegiati ad apprendere il Modellamento Simbolico, dopo la pubblicazione della versione inglese di “Metaphors in Mind”.
Già durante le prime ore di insegnamento mi ero resa conto di aver fatto un passo che avrebbe cambiato la mia vita; inoltre mi trovavo davanti ai migliori insegnanti mai incontrati in vita mia, Penny Thompkins e James Lawley.
Ogni minuto era un tuffo in una sorpresa, magari difficile all’inizio, per la necessità di scrostarci sovrastrutture nozionistiche limitanti, che ci appesantivano da anni, ma in perfetta armonia con quello che avevo sempre creduto.
Un meraviglioso volare verso il rispetto totale dell’individuo, verso la libertà, finalmente e totalmente incondizionati! Un riconoscere – ed essere – veramente e unicamente se stessi.In quelle stanze si intrecciavano frasi come: (guardando un disegno) “Ecco, è lì, è in quel piccolo punto nero che c’è tutto il problema” (e magari il disegno era fatto di coltelli, sangue, persone legate..). E indagando su quel piccolo punto si aprivano mille altri mondi…oppure, “Vorrei essere mille stelle in una notte…”, “Mi sento un fiume intasato di fango”, “Sono un occhio imprigionato dietro le sbarre di una città industriale…”.
E tutto era più che normale. Un osservatore esterno, magari uno psichiatra, forse ci avrebbe considerati in pieno delirio, e ci avrebbe prescritto del Valium. Invece, eravamo tutte persone “normali” ( per la definizione di normale rimando al prossimo libro!) che stavano imparando a prendere contatto con il proprio mondo metaforico.
Alla fine del corso Penny e James ci chiesero di creare una metafora per quello che ci sembrava essere il modellamento simbolico. Io dissi che mi sentivo Alice nel paese delle meraviglie. Questa metafora tutt’ora accompagna i miei momenti di terapia: ogni volta, ogni cliente mi porta in un incredibile viaggio verso un mondo fantastico. E non mi stanco mai!
Da allora ho utilizzato il SyM (Symbolic Modelling: abbreviazione di Modellamento Simbolico, in inglese) in molti casi clinici – sia come approccio terapeutico unico, o insieme ad altri approcci, come ipnosi, terapia strategica breve, PNL. Mi adeguo al cliente e alle sue esigenze.
Alcuni clienti hanno avuto difficoltà (impaccio, vergogna) ad entrare nel mondo del SyM, altri invece non volevano lasciarlo.
Ma nella mia esperienza clinica il risultato ottenuto con il SyM, già dopo pochi minuti, o in più sedute, è senz’altro sconvolgentemente definitivo, in confronto alle altre tecniche utilizzate.
E’ come se si aprisse una nuova consapevolezza di qualcosa che è in noi, di cui magari non siamo padroni; e già una seduta di SyM avvia l’inconscio al cambiamento, immediato o meno che sia.
Un esempio? Il primo caso in cui ho usato il SyM. Una donna di 52 anni si era presentata da me per una grave depressione con ideazione suicida. Alla 3° seduta ho incominciato ad utilizzare il SyM. La descrizione di sé era questa:”Un fantasma grigio incollato in un immondezzaio dove correvano lucertole, topi, sostanze viscose che la legavano e la soffocavano, dove c’erano frammenti di scheletri, ai piedi e nella profondità di una città industriale dove c’era solo smog, avvelenamento, grattacieli alti e il buio pestifero, puzzolente”.
Dopo aver provato varie domande Clean (Clean Question) e ottenendo in risposta un continuo “Non lo so”, “Nulla è possibile”, riuscii ad indirizzare il suo sguardo verso il cielo che lei descriveva come “Una lamina di metallo, dove mai, mai il sole sarebbe potuto penetrare”. Solo una “Mary Poppins con una valigia piena di risorse avrebbe potuto cambiare la situazione, ma Mary Poppins non poteva arrivarci”.
La sua rigida convinzione della impossibilità di un cambiamento, della sua nefasta sorte di fantasmino senza mani, senza volto, senza piedi, incollato e destinato ad essere alla mercè delle lucertole e delle fauci ingorde dei topi mi sgomentò, e disperai, nella mia convinzione, di poterla aiutare.
Intanto, prestai fede al SyM, e mi dissi “Proviamo!”. Dopo un mese e mezzo di terapia con il SyM questa donna spargeva ovunque petali di rose, correva libera sui prati e nei mari di Miami – le lucertole (parenti) e i topi (marito) erano diventati dei costumi di Halloween – flosci, inetti, e la città industriale un prato di fiori e colline verdi. Sul piano clinico, la mia paziente per la prima volta aveva preso in mano le redini della sua vita. Gestiva, comandava e diceva la sua. Il fantasmino non c’era più. E davanti a me avevo una splendida donna raggiante, fiera di sé.
Da allora ho utilizzato il SyM in tanti casi, con risultati meravigliosi.
Cosa raccomandare al lettore o al discente che vuol intraprendere questa nuova strada? Fatelo senza esitazione, vi aprirà nuovi orizzonti su come rispettare veramente l’un l’altro. Chi praticherà la psicoterapia, avrà in mano uno strumento che permetterà al cliente di cambiare veramente.
Bari, 21 ottobre 2002 Justina Claudatus
LA PRATICA DEL MODELLAMENTO SIMBOLICO
Il modellamento simbolico è un metodo per mettere le persone in contatto con i propri simboli che rappresentano la loro esperienza, in modo che scoprano nuovi modi di percezione del mondo.
Le metafore sono il solo modo che permette alla nostra mente di “capire” e quindi di apprendere.
La comprensione è ciò che definisce l’esperienza, ciò che permette la percezione. Nei nostri “panorami simbolici”, in larghissima misura al di fuori dal nostro campo di coscienza, gli “attori” sono simboli. Questi non sono solo simboli comunicativi, condivisi sul piano sociale per permettere la reciproca comprensione: spesso, il loro significato inconscio è “personale” e peculiare, ovvero, definito sulla base di una serie di attributi validi talvolta solo per noi stessi.I simboli, attori nel teatro dei nostri personali panorami metaforici, sono la modalità attraverso la quale “immagazziniamo l’esperienza”.
Le modalità di funzionamento dell’inconscio privano simboli e panorami metaforici delle loro caratteristiche spaziali e temporali, rendendo “definitivi” ed immutabili i nostri apprendimenti.
Per alcuni il processo conduce ad una riorganizzazione delle percezioni simboliche esistenti, mentre per altri avverrà una trasformazione dell’intero paesaggio metaforico.
L’esperienza del modellamento simbolico ha portato spesso coloro che l’hanno compiuto ad affermare di essere più consapevoli ed in pace con se stessi, di avere acquisito un senso definito del proprio posto nel mondo, e di come aver cambiato ciò, impreziosisca anche le vite degli altri.
Tradizionalmente in Programmazione Neurolinguistica il termine ‘metafora’ è stato definito come: “Comunicazione indiretta d’una storia o d’una figura di discorso che implica un confronto. Riguarda le similitudini, le parabole e le allegorie. Questa definizione implica che la metafora sia costruita da un narratore a favore dell’ ascoltatore.”
In questo ambito il modellamento simbolico si riferisce alle metafore auto-generate dal soggetto. Queste sono la materia prima per il processo del modellamento simbolico, poiché il comportamento è la materia prima del modellamento sensoriale, e le idee sono la materia prima per il modellamento concettuale. Quello che si deve ricordare è che una metafora linguistica è ‘la struttura di superficie’ verbale d’una miniera inutilizzata. Nella nostra ‘struttura profonda’ essa trova una rappresentazione simbolica completa, che ha informazioni codificate nelle costruzioni visive, uditive e cinestetiche. È egualmente importante riconoscere che, oltre essere capaci di immettere, elaborare le informazioni in uscita, tutti i sistemi rappresentazionali hanno la possibilità per rappresentare le informazioni in almeno due modi: letterale e figurato.
In altre parole, ciascuno dei nostri sistemi sensoriali può formare raffigurazioni (simboli) che hanno una corrispondenza diretta, o una corrispondenza più metaforica, rispetto al fenomeno che stiamo rappresentando.
Per esempio, possiamo visualizzare i globuli bianchi del nostro corpo come li abbiamo visti al microscopio, o come simili al videogame ‘ di Pac-Man. Similmente, possiamo parlare “letteralmente” dei nostri cervelli come di ‘reti dei neuroni’ o in maniera figurata riferendoci ad essi come a ‘calcolatori’ (attenzione però: la “rete” è anch’essa un’immagine metaforica…), oppure avvertire uno specifico sintomo come un insieme particolare delle sensazioni cinestetiche del corpo, o descriverlo come un ‘nodo’ nello stomaco.
David Grove chiama la totalità delle rappresentazioni simboliche della persona il suo “paesaggio metaforico”. All’interno di questo paesaggio tutto può essere considerato simbolico. Persone, località, date, cose, eventi, memorie, idee ed emozioni. Anche l’ansia, lo stress, gli attacchi di panico, il pensiero negativo ossessivo, le fobie, gli stati depressivi, cessano di essere ‘concetti reali’ per divenire invece concetti simbolici.
METAFORE E SIMBOLI
Nella nostra terminologia tutte le metafore contengono simboli. Questi contengono gli elementi o i componenti la metafora. Carl Jung ha notato che quel che fa di un simbolo qualcosa in più di un segno o di una rappresentazione letterale è il suo contenuto supplementare. Un simbolo è un termine, un nome o persino un’ immagine, che può avere familiarità nella vita quotidiana, che tuttavia possiede connotazioni specifiche oltre il relativo significato convenzionale ed evidente. Implica qualche cosa di sconosciuto o nascosto.
Ad un livello inconscio sappiamo che il simbolo ha un significato per noi , anche se non siamo capaci di verbalizzarne i motivi. Questi sono gli scopi precisi della metafora e del simbolo: trasportano le informazioni che non possono essere rappresentate nei termini sensitivi o concettuali. Infatti, sosteniamo che suoni, sensazioni, gesti e qualunque altro comportamento non-verbale può essere una manifestazione esterna d’una rappresentazione simbolica.
Come afferma David Grove:” In ogni gesto, e specialmente nei gesti ossessivi e nei tics, e in quegli altri “strani” movimenti caratteristici, è codificata l’ intera storia di quel comportamento. Esso contiene esattamente la vostra intera storia psicologica, nello stesso modo in cui ogni cellula nel vostro corpo contiene la vostra intera storia biologica.”
I soggetti originariamente adottati come modelli della Programmazione Neurolinguistica erano grandi terapeuti. I processi che sono stati estratti dalla loro attività terapeutica sono stati applicati in molti altri contesti. Similmente, il modellamento simbolico viene dallo studio biennale da parte di James Lawley e Penny Tompkins d’un altro genio terapeutico, David Grove.
Il modellamento simbolico, viene utilizzato in qualsiasi campo, tra cui la psicoterapia, nella cura dell’afasia, dell’ansia, della bulimia, nei disturbi dell’umore, nella cura delle fobie, dello stress, degli attacchi di panico, nella cura pensiero negativo ossessivo e degli stati depressivi, nella terapie contro l’insonnia, la ormazione aziendale, la scuole, il commercio e altro ancora.
CLEAN LANGUAGE
Clean Language: metafore che si evolvono liberandoci da ansia, stress, attacchi di panico, pensiero negativo ossessivo, fobie e stati depressivi.
Il Clean Language è una tecnica per il colloquio verbale e non verbale, introdotta da David Grove, che consente la “facilitazione” del cliente, permettendogli così di seguire le proprie espressioni metaforiche, e di crearsi un modello delle proprie percezioni corporee.
Il processo viene definito di “automodellamento”. Quando le persone esplorano questo mondo e la relativa logica inerente, le loro metafore hanno modo di essere “rispettate”, “onorate” per usare il termine scelto da Lawley e Tompkins.
Essi scoprono che le loro metafore possono limitare e costringere, o essere una sorgente di creatività e di sviluppo. Durante il processo del modellamento simbolico le loro metafore cominciano a evolversi. Mentre questo accade, il loro pensare giornaliero, i loro sentimenti ed il loro comportamento cambiano. Si può trarre giovamento e sviluppare proprie metafore solo attraverso alcune “clean questions”, le domande di cui è fatto il “Clean Language”.
RAPPRESENTAZIONE SIMBOLICA
Anche la questione più complessa, che coinvolge modelli di collegamento multipli di comportamento interno ed esterno può essere espressa simbolicamente. La quota di complessità che può essere rappresentata da un singolo simbolo è astronomica. Sembriamo avere una capacità naturale di riconoscere e rappresentare l’importanza ed il significato nei modelli dei simboli. Appena questo viene fatto, può essere espresso tramite una struttura. Ed il processo con cui ‘metaforizziamo’ riflette il modo in cui ci manifestiamo nel mondo. Come dice Norbert Wiener, il padre della cibernetica:”Non siamo sostanza immobile, ma modelli che perpetuano se stessi.” I simboli trasportano il loro elemento nascosto all’ interno delle caratteristiche simboliche. Queste devono essere trovate sia negli attributi e nella funzione dei simboli, così come nei loro rapporti spaziali e temporali. Le caratteristiche si trasformano nel contrassegno unico del simbolo. In questo modo, il simbolo guadagna un’ identità e si sviluppa ‘in un’entità’. Così possiamo oltrepassare i contorni e le limitazioni imposti dal pensare concettuale. All’interno di questo paesaggio metaforico personale, così David Grove chiama la totalità delle rappresentazioni simboliche della persona, tutto può essere considerato simbolico. Persone, località, date, cose, eventi, memorie, idee ed emozioni. Anche l’ansia, lo stress, gli attacchi di panico, il pensiero negativo ossessivo, le fobie, gli stati depressivi, cessano di essere ‘concetti reali’ per divenire invece concetti simbolici.